Qualche anno fa feci una ricerca sulla figura di Franz Liszt per una conferenza. Lessi diverse cose, questa sua testimonianza mi colpì molto. Credo che si possa inquadrare ancora più a fondo la personalità di un artista dai suoi scritti più intimi.
Buona lettura!
“ […] Felice, cento volte felice il viaggiatore! Felice colui che non torna a passare sugli stessi pensieri e il cui piede non si posa due volte sulla stessa impronta. Attraversando la realtà senza mai fermarsi, vede le cose come esse appaiono e gli uomini così come si rivelano. Felice colui che, stringendo la mano d’un amico, sa lasciarla prima di sentirla raffreddare nella sua, e non aspetta il giorno in cui lo sguardo ardente della donna amata si poserà su di lui con placida indifferenza. Felice infine colui che sa spezzare i legami con le cose prima di essere spezzato da esse!
E’ soprattutto l’artista che deve piantare la sua tenda per un’ora e non deve costruire in nessun luogo una solida dimora. Non è forse sempre straniero tra gli uomini?

[…] Triste e grande destino quello dell’artista! Egli nasce segnato dal suggello della predestinazione; non può scegliere la sua vocazione: è la sua vocazione che s’impadronisce di lui e lo trascina. Quali che possano essere le circostanze contrarie, l’opposizione della famiglia e del mondo, le cupe minacce della miseria, gli ostacoli apparentemente insormontabili, la sua volontà sempre salda resta costantemente rivolta verso una sola meta, che è per lui solo quella dell’arte, la riproduzione sensibile di quanto c’è di misteriosamente divino nell’uomo e nella creazione. L’artista vive in solitudine.
[…] Egli si sente preda di un male senza nome; una forza sconosciuta lo spinge a manifestare con parole, con i colori o con i suoni l’ideale che s’è impadronito di lui e che gli fa soffrire una sete di desiderio, un tormento di possesso quali nessun uomo ha mai provato per l’oggetto d’una passione reale. Ma una volta terminata la sua opera, nel momento in cui il mondo intero l’acclamerebbe con entusiasmo, resta insoddisfatto, scontento, e forse sarebbe capace di distruggerla, se una nuova apparizione non distogliesse i suoi sguardi dalla cosa compiuta per farlo cadere di nuovo in quell’estasi celeste e dolorosa che fa della sua vita il perpetuo inseguimento d’uno scopo mai raggiunto, un continuo sforzo dell’intelligenza per innalzarsi alla realizzazione di quello che concepisce nelle ore privilegiate in cui il bello eterno si rivela senza nuvole. […] “.
Parigi, 7 aprile 1837

Lettera di Franz Liszt indirizzata a George Sand.
Da “Divagazioni di un musicista romantico” Salerno editrice – Roma
No responses yet